Ci sono uomini che con le loro azioni, i loro atti concreti, si conquistano il diritto al ricordo e all’ammirazione, altri invece che, seppur viventi, sono degli zombi, già morti prima ancora di esserlo. Sicuramente l’intrepido, eroico, coraggioso e umano (ovvero un Uomo semplice come può esserlo uno di noi) Natale Palli era annoverabile tra queste ardimentose schiere, oggidì, pare, in largo disuso. Il nostro era nato a Casale Monferrato nel 1895 ed era entrato nel servizio aeronautico come tenente pilota dalla Marina Militare. Aveva comunque passato la guerra indenne e non si aspettava di finire, dopo tante battaglie (oro al V.M., due medaglie d’argento, due di bronzo, l’Ordine Militare di Savoia), assiderato sui monti. Il 22 marzo 1919 il suo aereo S.v.a. cade in Savoia, a St. Foy Tarantaise, durante il raid (gara) Padova – Parigi – Roma – Padova per una tempesta di neve. Stupido destino. Dopo un atterraggio di fortuna su un ghiacciaio a 3.400 metri d’altezza, vagò per due giorni e due notti senza cibo e riparo. Pietosamente raccolta dai montanari locali, la salma fu ricondotta nella sua Casale Monferrato, dove il 27 marzo furono celebrate le esequie, di fronte ad una folla oceanica. Erano presenti tutti gli eroi della “Serenissima”, tranne Antonio Locatelli che si trovava in Argentina. Il Poeta-Soldato, l’Orbo Veggente, D’Annunzio, dopo aver deposto sul feretro un mazzo di garofani rossi pronunciò il discorso funebre che si concludeva così: “In piedi non saluto qui se non il guerriero acerrimo, non saluto se non l’aquila altivolante... Questo fanciullo bianco, dai capelli ondeggianti e dagli occhi di zaffiro, era l’ideal tipo latino del combattente, era l’esemplare perfetto della nuova giovinezza italiana in armi... Era tutto come la gemma del suo sguardo, era tutto tagliato in quel cristallo perspicace...”. Ritornando a Natale Palli, pilota nella “87esima Squadriglia la Serenissima” che aveva base a S. Pelagio di Padova, restò memorabile la sua missione su Vienna (con D’Annunzio, il suo comandante). Allo scoppio della guerra D’Annunzio è a Parigi e da lì comincia a caldeggiare l’interventismo italiano a fianco dell’Intesa. L’intelligenza francese conta su di lui e su di lui contano i nazionalisti italiani. Nel maggio 1915, salutato alla stazione da numerose dame parte alla volta di Quarto dove inaugurerà un monumento a Garibaldi celebrando l’impresa dei Mille: “O beati quelli che più hanno, perché più potranno dare, più potranno ardere”. È la campagna a favore della guerra che infatti viene dichiarata il 24 di quel maggio che si disse “radioso”. Ma la guerra fu all’inizio disastrosa, con Caporetto e lo sfondamento fin sul Piave. Il volo su Vienna del 9 agosto 1918, fu una trasvolata compiuta da 11 Ansaldo S.V.A. dell’87esima squadriglia, detta la Serenissima. Dieci erano monoposto, pilotati da Antonio Locatelli, Girolamo Allegri, detto Gino Allegri, Censi, Aldo Finzi, Massone, Granzarolo, Sarti, Arturo Ferrarin, Masprone e Contratti ed un biposto pilotato dal Capitano Natale Palli. Il Maggiore Gabriele d’Annunzio, comandante della Squadra Aerea S. Marco, era nell’abitacolo anteriore. Il volo era stato progettato dallo stesso D’Annunzio, più di un anno prima, ma difficoltà tecniche, legate soprattutto al problema dell’autonomia degli apparecchi per un volo di mille chilometri, avevano indotto il Comando Supremo dapprima a negare il consenso e poi a ordinare delle prove di collaudo. Il 4 settembre del 1917 D’Annunzio aveva compiuto un volo di dieci ore senza particolari problemi, così l’autorizzazione necessaria all’impresa arrivò sotto forma di un bizzarro messaggio che avrebbe voluto attingere al dannunzianesimo (moda dell’epoca): “Il volo avrà carattere strettamente politico e dimostrativo; è quindi vietato di recare qualsiasi offesa alla città ... Con questo raid l’ala d’Italia affermerà la sua potenza incontrastata sul cielo della capitale nemica. Sarà vostro Duce il Poeta, animatore di tutte le fortune della Patria, simbolo della potenza eternamente rinnovatrice della nostra razza. Questo annunzio sarà il fausto presagio della Vittoria”. Un primo tentativo venne compiuto il 2 agosto, ma a causa della nebbia i 13 apparecchi che vi parteciparono dovettero rinunciare. Un secondo tentativo si compì l’8 agosto, ma il vento contrario fece rinunciare anche questa volta. Finalmente la mattina del 9 agosto, alle ore 05:50, dal campo di aviazione di San Pelagio (Due Carrare - Padova) con undici apparecchi. Il biposto di Natale Palli, (che trasportava D’Annunzio) SVA5 era stato modificato per l’occasione. Ogni aereo portava 20 kg di volantini. Risalirono le valli dell’Isonzo sorvolando lo sterminato cimitero del Carso coi suoi 500.000 morti. I velivoli di Ferrarin, Masprone e Contratti dovettero atterrare non appena partiti, mentre Sarti fu costretto ad atterrare per noie al motore, posandosi sul campo di Wiener-Neustadt, a un centinaio di km dalla meta, ed incendiò lo S.V.A. prima della cattura, per impedirne la sottrazione da parte delle forze austroungariche. L’impressione che questo raid produsse in Italia e nel mondo fu enorme. A Roma fu lanciata la proposta d’incoronare D’Annunzio sul Campidoglio, ma egli rifiutò. Il ritorno in Italia della pattuglia intrepida, dopo che avevano sorvolata i cieli di Vienna per venti minuti in volo radente, avvenne dopo poco più di 7 ore e mille chilometri di volo, sempre allo stesso aeroporto di partenza. Il valore propagandistico dell’impresa fu soprattutto a uso interno italiano, mentre l’episodio fu militarmente irrilevante. L’episodio fece molta impressione anche a Vienna. I manifestini vennero gelosamente conservati dai viennesi, tanto più in un momento in cui c’era forte penuria di alimenti e tanta sfiducia nelle sorti della guerra. Il sorvolo di D’Annunzio creava ulteriori apprensione da parte dei viennesi, che oltre ai problemi interni, sentivano arrivare dal fronte di guerra le voci del malcontento dei loro soldati. Quando nel ritorno da Vienna, si spense il motore. D’Annunzio percepì subito il pericolo e afferrò un taccuino* per lasciare ai posteri gli ultimi pensieri. I pensieri più alti in quei momenti “concitati” non venivano e qui c’è poco da ridere, avrei voluto vedere voi con l’aereo che scendeva in picchiata. Fortuna volle che i tentativi di Palli di riavviare il motore andassero a buon fine e l’aereo riprendesse quota. A terra Palli gli chiese il taccuino “in bianco” come ricordo. * Era una inveterata abitudine di D’Annunzio di avere sempre un taccuino per appunti a portata di mano in cui fissare le emozioni, i sentimenti sia delle grandi che delle “piccole” cose. Quella volta che sul Mas se lo era dimenticato, prese a scrivere con un gessetto sulle lamiere di bordo. “Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe, ma vi lanciamo un saluto... Noi non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra al Vostro Governo nemico delle libertà...” L’Arbeiter Zeitung, giornale della capitale dell’Impero austriaco si arrischiò a scrivere “Dove sono i nostri D’Annunzio, che allo scoppiar della guerra declamarono enfatiche prose?” Sempre insieme al Vate, Natale Palli il 26 settembre fu poi a Parigi, per incitare i soldati italiani che combattevano agli ordini del generale Albricci. Alla sua tragica morte, il 6 ottobre 1925, Natale Palli fu insignito di Medaglia d’oro al valor militare. Motivo del conferimento: ”Intrepido, audace, sicuro pilota d’aeroplano, guidò oltre i mari ed oltre i monti, in terra nemica, il suo velivolo, sfidando ogni pericolo, superando ogni ostacolo. Nelle più rischiose imprese, forte della sua fede, forte del suo coraggio, fu magnifico esempio di valore, di prodezza e di perizia. Ogni missione di guerra, anche la più ardimentosa e difficile, egli condusse a termine, nonostante le avverse condizioni atmosferiche e gli attacchi nemici. Fornì preziose notizie che furono sempre elementi completi e sicuri per le decisioni dei nostri comandi. Cielo della Dalmazia e dell’Istria, del Tirolo e della Carniola, settembre - ottobre 1918”. Dopo la sua morte gli venne intitolato l’aeroporto militare di Cameri, a Novara. Era “suo” perché nel 1917 vi furono brevettati, oltre a 700 piloti militari, anche lui e suo fratello Silvio, ai quali, nel 1921, verrà appunto dedicato l’aeroporto. Con l’entrata in guerra, nel secondo conflitto mondiale, nel maggio del 1940, la base aeroportuale di Cameri fu sede di diversi Reparti impegnati in operazioni belliche. Oltre a questo aeroporto, a Natale Palli rimangono dedicati gli aeroclub di Parma e di Casale. Da ricordare infine il suo stadio, quello dove la squadra della sua città, con le casacche nerostellate e il gagliardetto tricolore al petto, ha compiuto nelle massime divisioni calcistiche. Natale Palli, un vero “Munfrin”(monferrino doc), testa dura, caparbio, coraggioso: uomo d’altri tempi.
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